'Ndrangheta: incontri in Svizzera e subacquei in mare e cocaina, 100 arresti

2021-12-06 02:30:52 By : Ms. Jacy Wong

Sotto i riflettori la 'Ndrangheta nel nord Italia con 100 arresti dalla Lombardia alla Toscana alla Calabria. Il clan Molè si presentava come una delle due "famiglie" di Gioia Tauro, desiderose di rialzarsi dopo la guerra con gli alleati e i parenti storici dei Piromalli. Nelle intercettazioni Rocco Molè ha detto ad uno dei due farmacisti sudamericani assunti per la cura della droga: "Siamo una delle famiglie, una di queste due è la mia che avrà la possibilità di rialzarsi, di riprendersi, tutto il tempo ma io alzarsi". Lo ha rivelato il capo della Procura della Repubblica della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, nel corso della conferenza stampa tenuta presso la Questura di Reggio Calabria per illustrare i dettagli dell'operazione “Nuovi Narcos Europei”. Bombardieri in particolare ha ringraziato gli inquirenti della Squadra Mobile di Reggio, con il nuovo dirigente Alfonso Iadevaia, e in particolare il suo predecessore, Francesco Rattà, nuovo capo della Squadra Mobile di Roma, che ha condotto oggi le indagini che hanno portato all'esecuzione delle misure cautelari . Oltre al narcotraffico internazionale, il clan Molè si era impadronito del mercato ittico di Gioia Tauro. “Ci sono prove - ha spiegato Bombardieri - sull'imposizione del clan sia per la consegna del pescato alle due società sequestrate, sia per l'acquisto del pescato. In modo violento, non è stato lasciato spazio ad altre società. Estorsioni finalizzate a reperire denaro anche per il mantenimento delle famiglie dei detenuti e dei detenuti stessi”.

“Questo è il territorio dei calabresi!”. Così esponenti della 'Ndrangheta, a Milano, scacciarono malamente alcuni poliziotti in borghese pensando fossero concorrenti. L'episodio è stato rivelato dal capo della Procura Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri. "Alcuni indagati - ha detto Bombardieri - a Milano vedono avvicinarsi un'auto, non sanno che sono poliziotti, pensano di essere concorrenti e li inseguono malamente: 'Questo è il territorio dei calabresi!' gli hanno detto».

Fiumi di droga sono stati sequestrati dagli inquirenti nel corso delle indagini che hanno portato a 36 arresti disposti dalla Dda di Reggio Calabria nell'ambito di un'operazione coordinata con quelle di Milano e Firenze. Dalle indagini emerge un dettaglio: l'organizzazione gestita dal Molè di Gioia Tauro ha contrassegnato i blocchi di cocaina con simboli diversi, in alcuni casi anche quelli della Massoneria: squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio. Gli inquirenti, però, non attribuiscono un significato particolare alla circostanza: sarebbe stato un modo come un altro per identificare la "merce". Il 19 settembre 2019, all'interno dell'area di servizio “Agip Tremestieri”, è stato arrestato un uomo in possesso di 3 pagnotte di cocaina per un peso complessivo di 3.289 dhili marchiate con simboli massonici. Il 20 settembre 2019, nei pressi dello svincolo autostradale di Cosenza Nord, un uomo è stato trovato in possesso di 10 pani di cocaina del peso di 10,5478 chili, di cui 5 contrassegnati con squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio. Lo stesso segno su una partita di droga è stato trovato il 29 settembre 2019, nel Comune di Castelfranco Emilia in provincia di Modena, quando è stato arrestato un uomo trovato in possesso di 15 blocchi di cocaina del peso di 16.150 chili. Due di loro avevano raffigurati i simboli massonici. L'11 novembre 2019, a Villa S. Giovanni in provincia di Reggio Calabria, nei pressi della zona di imbarco, è stato arrestato un uomo perché trovato in possesso di 4 pagnotte di cocaina del peso complessivo di 4.295 chili. Tre pani sono stati marchiati, questa volta, con il logo "alfa-omega".

I portuali livornesi temevano fortemente la 'ndrangheta. In un'intercettazione, uno dei portuali riporta il contenuto di una minaccia ricevuta: "Se fossimo stati in Calabria ti avremmo sciolto nell'acido". Lo ha rivelato il capo della Procura Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, nel corso della conferenza stampa tenuta presso la Questura di Reggio Calabria. Il nome dell'operazione "Nuovi Narcos Europei", ha detto anche il procuratore capo, non è stato scelto, come di consueto, dagli organi inquirenti, che questa volta si sono limitati a dare all'operazione il nome con cui è stata intercettata. Gli stessi operatori portuali livornesi facevano riferimento al clan Molè. “Loro stessi - ha detto Bombardieri - hanno fatto riferimento ai 'Nuovi Narcos europei'. Questo è il coefficiente dell'espressione 'Ndrangheta”.

"Guarda, ora vengo laggiù e sparo prima a quello stronzo accanto a te, poi a te perché non ho niente da perdere!". Nonostante ciò, Antonio Salerni e Attilio Salerni, indagati nella parte lombarda dell'inchiesta sulla 'Ndrangheta condotta da vari pm, si sono rivolti a 4 dipendenti della Spumador, produttrice di varie bibite e bibite tra cui la famosa 'spuma'. I due, secondo l'ordinanza di fermo, hanno costretto "tramite violenza e minacce" dirigenti e dipendenti, in particolare gli addetti all'ufficio pianificazione dei trasporti, "ad affidare ordini di trasporto alla società Sea Trasporti, anche in violazione dei criteri generali fissati dalla società e criteri di economicità “ottenendo così” un ingiusto vantaggio economico consistente nel corrispettivo pagato da Spumador a Sea Trasporti per i trasporti effettuati”.

Il clan Molè poteva contare sulla presenza a Gioia Tauro di due chimici sudamericani e 3 sommozzatori, presumibilmente appartenenti a reparti speciali di forze militari provenienti dall'estero. Nel settore del narcotraffico, infatti, il clan della 'Ndrangheta opererebbe avvalendosi di un ramo internazionale, non solo per l'approvvigionamento di grandi quantità di cocaina, ma anche per il successivo recupero della droga in mare e per la sua lavorazione. In particolare, dalle indagini che hanno portato all'operazione odierna della Polizia di Reggio Calabria nel 2019, è emersa la presenza in Italia di cittadini sudamericani (quattro peruviani e un colombiano, destinatari anche della misura cautelare in carcere) due dei quali assunti e ospitati a Gioia Tauro con la funzione di farmacisti e tre esperti subacquei fatti giungere in Calabria per il recupero della droga in alto mare, al fine di ridurre i rischi legati all'arrivo dei carichi di droga in porto. Secondo quanto rivelato dal direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, sono stati sequestrati due distintivi che permetterebbero l'identificazione di due sommozzatori come appartenenti alla Marina Militare peruviana. Dalle intercettazioni nei confronti di alcuni portuali livornesi, è emerso che, quando si sono verificati problemi per esfiltrare la cocaina dal porto, la banda ha dato ordine di gettare in mare il carico di droga dove sarebbe poi stato recuperato dai sommozzatori”.

LEGGI ANCHE | Capo clan della 'Ndrangheta era nel progetto per il reinserimento nella società dei figli dei boss

Riunioni di clan in Svizzera per evitare di incorrere nel reato di associazione mafiosa. Un dettaglio rivelato dall'operazione “Nuova Narcos Europea” che ha portato all'arresto di 36 persone, sulle oltre 100 raggiunte da ordinanze emesse dalle Procure di Milano e Firenze. “L'operazione ha una connotazione importante, per quanto riguarda il tipo di offensività di questo clan della Piana, Molè, da qualche parte, da qualcuno, era stato definito un clan in declino dal punto di vista della sua capacità criminale. Non è così”, ha detto il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, prefetto Francesco Messina. Il clan Molè, infatti, è stato storicamente federato al potente clan Piromalli di Gioia Tauro, fino a quando le strade criminali delle due fazioni si sono divise, con l'omicidio di Rocco Molè ucciso nel 2008. Non solo il clan Molè è tornato alla ribalta il telegiornale, ma ha avuto anche proiezioni all'estero. "Qualcuno - ha spiegato Messina - si è trasferito in Svizzera perché non esiste un caso analogo al 416 bis (il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso) e lì vi si riuniva regolarmente pensando di essere al sicuro".

"Nel corso delle indagini siamo riusciti a sequestrare più di una tonnellata di cocaina in varie parti del territorio nazionale, peraltro durante un periodo di lockdown". Lo ha detto il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, nel corso della conferenza stampa tenuta presso la questura di Reggio Calabria per illustrare i dettagli dell'operazione “Nuovi Narcos Europei”. "Inoltre, anche questa mattina - ha aggiunto Messina - durante l'esecuzione delle misure cautelari, è stato sequestrato in Svizzera un chilogrammo di cocaina".

"Piromalli & Molè" non è solo la sigla di uno dei cartelli 'Ndrangheta più famosi nel mondo dell'informazione giudiziaria, in Italia e all'estero, ma rappresenta iconicamente la forza e la caparbietà della 'Ndrangheta e la sua raffinata capacità di controllare il territorio di riferimento, il cosiddetto “locale”, e di espandersi sul territorio nazionale ed estero. Lo conferma anche l'indagine odierna della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, coordinata dal sostituto Calogero Paci e condotta dal personale della Polizia di Stato di Reggio Calabria diretto dal questore Bruno Megali. L'associazione ndrangheta "Piromalli & Molè" si consolida grazie al meccanismo dei matrimoni incrociati che bloccano il legame di sangue con il tentativo di "sovvertire l'ordine costituito" nel territorio, e soprattutto, salvaguardare il gruppo da potenziali collaboratori di giustizia. Rocco Molè (assassinato nel 2008) e i fratelli minori attualmente in carcere, sono i figli di una Piromalli, sorella dei più celebri Mommo, Giuseppe e Antonio, antico ceppo della 'famiglia mafiosa', da tempo deceduto, e presto divenuto il altra gamba del clan, occupandosi dell'organizzazione militare del gruppo, estorsioni, minacce e soprusi nella Piana di Gioia Tauro. Infatti, come hanno affermato oggi gli inquirenti, ci sono gioiosi operatori economici che si dicono 'onorati' di poter soddisfare le richieste dei boss di elargizioni di denaro a sostegno dei prigionieri del clan. I cugini Piromalli, invece, curano i 'rapporti istituzionali' con gli altri poteri criminali e con il mondo della politica e della Massoneria deviata. L'atto di scioglimento è nell'aria e avverrà il 1° febbraio 2008 quando un gruppo di killer intercetta e uccide Rocco Molè.

Un segnale di sfida aperta, di cui si sospettano i Piromalli, contro i cugini, ma diretta anche agli altri clan della 'Ndrangheta della Piana di Gioia Tauro su "chi è ancora al comando". I Molè, pur contando su altri alleati, sembrano prendere il colpo, atteggiamento che si rivela tattico, probabilmente in attesa della scarcerazione dei fratelli Rocco Molè, Girolamo e Domenico. Con le operazioni “Tirreno” e “Cent'anni di storia”, magistrati e forze dell'ordine, grazie anche alla collaborazione dei pentiti, ricostruiscono però decine di omicidi, intimidazioni, estorsioni compiute soprattutto dai Molè. Il pentito Annunziato Raso, uno degli assassini 'a tempo pieno' dei Piromalli-Molè, racconta infatti della presenza fissa nel quartiere 'Sovereto' di Gioia Tauro, in un'azienda agricola dei Piromalli, di decine di giovani affiliati sempre pronti eseguire le condanne a morte contro chiunque avesse tentato di sovvertire il potere delle due famiglie. Gli interessi sono enormi, così come gli appetiti, a partire dal controllo del porto di Gioia Tauro per i suoi risvolti nel traffico di cocaina in arrivo dal Sudamerica. La Piromalli-Molè, infatti, ha costruito nel tempo solide referenze tra i 'cartelli' colombiani, affidandosi a persone a loro fedeli per il pagamento di ingenti quantitativi di droga, con sede anche in Spagna, e per organizzare la spedizione in modo tempestivo e sicuro. del narcotico. Come raccontano gli inquirenti, molti dei loro carichi di cocaina sono stati recuperati anche prima che le navi portacontainer attraccassero a Gioia Tauro, anche utilizzando sommozzatori peruviani e la flotta peschereccia del basso Tirreno con sede nel porto. Da decenni domina il mercato ittico di Gioia Tauro, infatti, arrestato ieri sera anche uno degli arrestati oggi, Antonio Albanese, suocero di Girolamo 'Mommino' Molè, nonno di Rocco Molè, 26 anni, sospettato di essere il nuovo capofamiglia Molè, nonostante i tre anni trascorsi a Torino in una delle comunità gestite da don Ciotti, nell'ambito del programma di reinserimento 'Liberi di scegliere'. Gli arresti di oggi sarebbero la prova che la famiglia si è ripresa dopo lo scontro con i Piromalli.

Tra gli indagati nel ramo milanese dell'inchiesta contro la 'Ndrangheta "Cavalli di razza" figurano anche l'ex sindaco di Lomazzo in provincia di Como, Marino Carugati, 79 anni, e un ex assessore di Fino Mornasco (Como), entrambi già condannati di bancarotta fraudolenta in un'inchiesta della Procura di Como incentrata su un sistema di frode che passava per consorzi e cooperative costituite e poi volutamente destinate al fallimento. I due "ex pubblici amministratori", non destinatari del provvedimento di fermo eseguito oggi, avrebbero avuto - secondo le indagini della Squadra Mobile di Milano e della GdF di Como, coordinate dalla Dda del capoluogo lombardo - rapporti con gli affiliati di il clan Molè-Piromalli radicato in Lombardia, tra le province di Varese e Como.

Ci sono anche tre portuali livornesi tra i destinatari delle misure di custodia cautelare in carcere eseguite dalle squadre mobili di Firenze e Livorno, nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Firenze sul traffico di droga legato alla ndrangheta. I tre avrebbero supportato logisticamente la raccolta delle spedizioni di droga. Un primo tentativo di recuperare un carico sarebbe fallito nell'agosto 2019, quando la droga è arrivata a Livorno nascosta in un container di crostacei. Un successivo carico di 430 chili è arrivato nel novembre 2019 ed è stato sequestrato dalla polizia. Il filone “toscano” dell'indagine sulla 'Ndrangheta nasce dalla scoperta della presenza di alcuni esponenti delle ndrine calabresi a Livorno e dai loro incontri con personaggi locali legati in vario modo all'attività portuale. La necessità di ricollocare l'attività da parte della Ndrangheta sarebbe sorta dopo la diffusa presenza delle forze dell'ordine al porto di Gioia Tauro. Per sfuggire ai controlli, la malavita avrebbe deviato il traffico verso gli snodi di Livorno e Vado Ligure in provincia di Savona.

Tra le persone arrestate nell'ambito dell'operazione coordinata dalle Procure Antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze c'è anche Michele Contessa della Guardia di Finanza di Olgiate Comasco. L'imputazione motiva la previsione «per la riduzione in schiavitù sistematica delle funzioni e dei poteri del pubblico ufficiale attinenti alla qualifica ricoperta nonché per il compimento di atti contrari ai suoi doveri d'ufficio» consistente nell'inserimento nella banca dati cui aveva accesso come finanziere per ottemperare alle richieste di alcuni presunti membri del gruppo criminale. In particolare, secondo l'ordinanza di fermo firmata dai pm e letta dall'AGI, Contessa sarebbe stata «a libro paga della famiglia Salerini» e, in tale veste, avrebbe compiuto «atti contrari ai doveri d'ufficio, compresa la comunicazione di informazioni riservate». informazioni e interventi a loro richiesta in caso di sanzioni amministrative irrogate ai loro mezzi”.

Sono 36 gli arresti eseguiti dalla Squadra mobile di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione che ha coinvolto le Procure antimafia di Reggio Calabria, Firenze e Milano. Al centro delle indagini il clan Molè di Gioia Tauro, storico alleato dei Piromalli, e le sue filiali in Italia e all'estero. In tutta Italia sono stati effettuati più di 100 arresti. Associazione mafiosa, detenzione e porto illecito di armi, estorsioni, riciclaggio, fittizia intestazione patrimoniale, traffico internazionale di stupefacenti e delitti vari. Gli inquirenti hanno inoltre effettuato il sequestro preventivo di aziende, immobili, terreni e rapporti finanziari. Con riferimento alle estorsioni, le contestazioni riguardano sia somme di denaro loro consegnate da operatori commerciali di Gioia Tauro, sia condotte poste in essere nei confronti di operatori del settore della pesca, costretti a consegnare o acquistare pesce da aziende riconducibili agli indagati. Il clan, in questo modo, avrebbe assunto il controllo del mercato delle pese nel territorio di Gioia Tauro. Da qui il sequestro preventivo delle due società coinvolte. L'indagine ha consentito inoltre di documentare rapporti di collaborazione con soggetti ritenuti appartenenti ad altri clan della 'ndrangheta del versante tirrenico. Oltre a soggetti riconducibili al clan Pesce, è indagato un esponente del clan Crea di Rizziconi e destinatario di misure cautelari in carcere. Confermati, inoltre, i rapporti criminali con le organizzazioni della ndrangheta in provincia di Vibo Valentia.

Sempre con riferimento al reato associativo e a fatti ritenuti di natura estorsiva, le indagini hanno indagato anche sulla condotta di alcuni soggetti domiciliati in Lombardia, nelle province di Como e Varese, oggetto di parallela e connessa indagine da parte del Distretto La Direzione Antimafia di Milano, che ha disposto l'arresto per sospetta reato nei confronti di numerosi indagati nuovamente giustiziati questa mattina. Le indagini avrebbero messo in luce l'esistenza di un'associazione internazionale finalizzata al traffico di grandi quantità di droga. Di partecipazione all'associazione sono accusati anche alcuni dei presunti affiliati al clan mafioso, tra cui il massimo esponente Rocco Molè. Tauro che al porto di Livorno. Dei 36 arrestati nell'ambito dell'operazione, nome in codice “Nuovi Narcos Europei”, 31 sono finiti in carcere e 5 agli arresti domiciliari. I beni sequestrati sono 2 aziende, 4 terreni, oltre a rapporti bancari e finanziari.

Le indagini, svolte sotto le direttive del sostituto procuratore Calogero Gaetano Paci, rappresentano l'evoluzione degli elementi acquisiti durante l'operazione "Consegna", condotta anche dalla squadra mobile sotto le direttive della DDA di Reggio, che, in data 20 aprile 2021, era culminato con l'arresto di 53 indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. In particolare, nel corso dell'indagine Handover, sono stati monitorati rapporti sospetti tra presunti affiliati al clan Pesce, al centro dell'indagine, e presunti affiliati al clan Mole, oggetto delle indagini odierne. Sulla base degli elementi investigativi raccolti, il clan Mole sarebbe comunque operativo attraverso il contributo di 7 persone indagate, oltre che per il reato di associazione mafiosa, anche per concussione, detenzione e porto illecito di armi, fittizia iscrizione di beni .

Proprio nell'area portuale toscana, tra il 6 e l'8 novembre 2019, sono stati individuati e sequestrati complessivamente 430 blocchi di cocaina, del peso di circa 1100 grammi ciascuno, nascosti all'interno di una cavità di laminati di legno, spediti dal Brasile. Dopo il massiccio sequestro, è stata avviata un'indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze, nella quale sono emersi elementi che portano, allo Stato, a ritenere che l'organizzazione finalizzata al narcotraffico si sia avvalso della complicità di alcuni portuali del porto Livorno marittima, che avrebbe avuto il compito di agevolare il recupero del carico di cocaina. Al riguardo, il gip del Tribunale di Firenze su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia ha emesso una misura cautelare nei confronti di 14 persone, eseguita anche questa mattina. Sempre grazie agli esiti delle attività di intercettazione tecnica, in data 25 marzo 2020, in un'azienda agricola di Gioia Tauro (per la quale il gip ha disposto il sequestro preventivo), sono stati rinvenuti e sequestrati oltre 500 kg di cocaina, suddivisi anche in ca. Blocchi da 1 kg, alcuni dei quali contrassegnati dal logo “Real Madrid”, sono arrivati ​​nei giorni precedenti il ​​porto di Gioia Tauro, nascosti all'interno di un container commerciale. Nell'occasione è stato arrestato, in flagranza di reato, il capo della cosca mafiosa e dell'organizzazione dei narcotrafficanti.

“La criminalità organizzata non è un fenomeno concentrato solo in alcune regioni d'Italia. Qui ha più difficoltà a prendere il controllo politico del territorio ma rischia di arrivarci se la soglia di allerta non viene alzata da tutti. Chi si avvicina a questo mondo per difficoltà o per paura nell'illusione di ottenere condizioni migliori deve sapere che sta giocando con il fuoco”. Lo ha affermato il procuratore ad interim della Repubblica di Milano Riccardo Targetti, lanciando un appello alla società civile al termine della conferenza stampa in cui i dettagli dell'inchiesta 'Cavalli di razza' contro la 'Ndrangheta che ha portato alla 'Ndrangheta in Lombardia sono stati illustrati. esecuzione dell'arresto di 54 persone. L'operazione 'Cavalli di razza' delle Procure di Milano, Reggio Calabria e Firenze "è la rappresentazione plastica di quella che è oggi l'Andrangheta: un mix di arcaicità e assoluta modernità che proietta l'organizzazione nel futuro". Lo ha detto il sostituto procuratore con delega alla Dda di Milano Alessandra Dolci nel corso di una conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell'indagine che in Lombardia ha portato all'arresto di 54 persone indagate a vario titolo di associazione 'ndrangheta , estorsioni, traffico di droga, bancarotta e reati tributari. Da un lato - ha osservato il pm antimafia - restano "i riti di iniziazione" e "il 'mangiato'" dall'altro c'è una "'Ndrangheta 2.0 che sfrutta gli imprenditori per acquisire il loro know-how" in modo da “sostituire le tangenti con i proventi dell'evasione fiscale”.

Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha espresso "soddisfazione per le vaste e dettagliate indagini condotte dalla Polizia di Stato, con il coordinamento delle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze e con il supporto delle centrali operative servizio della Direzione Centrale Anticrimine, che ha portato all'arresto su tutto il territorio nazionale e all'estero di oltre 100 persone ritenute appartenenti alla 'Ndrangheta”. “Le complesse operazioni - sottolinea il titolare del Viminale - che, tra altre cose, ha permesso di intercettare un importante traffico internazionale di sostanze stupefacenti e di sequestrare un ingente quantitativo di cocaina, testimoniano ancora una volta l'elevata capacità investigativa e la professionalità delle nostre forze di polizia nel contrasto alle organizzazioni criminali i cui interessi illeciti stanno prendendo sempre più piede a carattere transnazionale”. 

"E' l'ennesima dimostrazione della presenza della Polizia di Stato e dell'attenzione che ha interessato il territorio della Piana di Gioia Tauro che ha sempre visto la presenza sul territorio di organizzazioni molto caparbie e ramificate, che hanno inquinato tutte le aspetti di quel territorio. Il clan Molè operava principalmente nel settore del narcotraffico e aveva ramificazioni su tutto il territorio nazionale”. Lo ha detto il commissario di polizia di Reggio Calabria, Bruno Megale, illustrando, nel corso della conferenza stampa tenuta in questura a Reggio Calabria, i dettagli sull'operazione New European Narcos.