Milano piano zero - Urban Center Triennale, Milano

2021-12-06 01:28:16 By : Mr. Kevin Zhao

Milano Urban Center, luogo dedito ad ospitare progetti e interventi dedicati all'osservazione delle dinamiche urbane della città e inserito all'interno del palazzo della Triennale, ospita fino al 12 dicembre la mostra "Milano piano zero", ideata e curata da Giacomo Pigliapoco e Chiara Spagnole. La mostra si articola su due piani e propone una riflessione sulla Milano contemporanea attraverso il lavoro di nove artisti e una serie di materiali e testi consultabili, provenienti dall'Archivio e Biblioteca della Triennale Milano. Il titolo invita a riconsiderare il capoluogo lombardo dalle sue fondamenta, dalla sua vita intrinseca, fornendo un punto di vista che possa aiutare a ripensare criticamente il progetto urbano. Significativa è l'estetica dello spazio che non si configura come spazio espositivo, ma presenta caratteristiche riconducibili ad un ambiente progettuale o ad un laboratorio di ricerca. Il fulcro teorico della mostra fa riferimento al concetto di urbanità, teorizzato nel 1968 dal filosofo e urbanista francese Henri Lefebvre nel saggio Le droit à la ville (Il diritto alla città), in cui contrappone un approccio umanistico a quello razionalista logiche urbanistiche del Novecento. Le opere esposte mostrano la prospettiva personale che gli artisti hanno adottato su Milano e invitano a riconsiderare la città attraverso azioni simboliche e concrete.

Il visitatore è accolto all'ingresso dello spazio da Due (2017 - 2019), un sipario realizzato con inserti plastici colorati e intrecciati, opera di Riccardo Giacconi. Le tessere compongono un'area su cui si delineano, su sfondo verde, 16 planimetrie di appartamenti realizzati per l'utopica società immobiliare nel distretto satellite di Milano 2, progetto tanto all'avanguardia quanto controverso e fallimentare. G. olmo stuppia propone una rappresentazione metaforica di Milano realizzata appositamente per la mostra Untitled (Se Milano ha trafitto il suo cuore) del 2021. Attraverso uno specchio che offre la visione capovolta di alcuni elementi identificativi della città come il Duomo, la Torre Unicredit e la ringhiera tipica degli edifici popolari, il visitatore è invitato a guardare Milano da una prospettiva insolita e a spostare gli elementi a piacimento. Sopra l'installazione è ben visibile un elemento solitamente nascosto dalle acque: il fango del fiume Seveso, corso d'acqua che lambisce la città, prezioso ma anche portatore di sventura per la frequenza delle sue piene e per la quantità di sostanze chimiche che contiene porta a valle. Il rumore di un motore accompagna una panoramica notturna di un Milan che si spegne senza addormentarsi del tutto.

Il video di Grazia Toderi (Milano, 2005) si presenta come un'immagine satellitare che, modificando e ruotando l'inquadratura, indaga la planimetria della città. I flash creano costellazioni intermittenti, indicando i punti focali di Milano e delle sue tangenziali, evidenziando la concentricità dello sviluppo urbano storico. Al piano superiore un grande tavolo accoglie una rassegna di libri e materiali che hanno animato la genesi e alimentato lo sviluppo della mostra. I testi sono lasciati alla libera consultazione dei visitatori come una forma di invito a ripensare al futuro della città. La teoria che le metropoli del passato - e quelle del presente - non debbano seguire solo logiche funzionaliste è stata ripresa da una moltitudine di pensatori del secolo scorso e contemporanei. L'attualità delle proposte teoriche degli anni '60 e '70 è purtroppo motivata anche dalla loro mancata attuazione, e la loro centralità nel dibattito contemporaneo conferma l'emergere della riflessione e l'importanza dei contributi degli artisti visivi. Alle pareti sono appese quattro fotografie che testimoniano la performance Volver che Giorgio Andreotta Calò ha realizzato nel 2008 nel quartiere di Lambrate. A bordo di una piccola imbarcazione appesa a una gru, compie un simbolico attraversamento del cielo sul quartiere che in quegli anni era colpito dal fenomeno della gentrificazione. Elisa Giuliano e Chiara C. Siravo racchiudono e condensano in un'architettura in miniatura (Cosa da poco, 2021) diverse ricerche svolte sui luoghi della città dedicati all'educazione femminile, sia ecclesiastica che laica. Partendo da una scuola media del quartiere Affori che per prima istituì, negli anni '70, le 150 ore di studio serale per le donne e il convento di clausura di San Paolo Converso, la riflessione si sposta sul tema della libertà, tanto emancipante se conquistata attraverso l'educazione, tanto quanto sacrificato se guadagnato ricorrendo all'autosegregazione.

Il video Memory External (2007) del collettivo ZimmerFrei sembra toccare i principi della psicogeografia. Le sequenze creano una mappatura esperienziale della città, montaggi video e sonori fanno da sfondo a storie di vicissitudini, approdi e trasbordi nella città milanese; le narrazioni sono a volte eventi ordinari, altre volte episodi avvincenti, tutti ugualmente importanti poiché costituiscono la vera trama del tessuto cittadino, fatto principalmente di ambienti vissuti e non di luoghi progettati. Alessandro Calabrese ha composto il collage fotografico Undici strade di Milano che non esistono su Google Street View (2021). Rivelando i limiti della strumentazione tecnologica, l'opera critica la tendenza dell'uomo all'onniscienza e allude al ritorno a una conoscenza diretta e fisica dello spazio; invita quindi a riscoprire gli spazi urbani attraverso un “esserci” sensoriale e non solo attraverso un generico “vedere”. Anche Self Portrait From a Surveillance Camera (2021), realizzato lungo il Naviglio Grande da Irene Fenara, ridiscute la prevaricazione della tecnologia e i principi che ne sottendono l'azione soggiogatrice. L'autoritratto è stato generato decifrando i codici di sicurezza di una telecamera di videosorveglianza privata, in questo modo l'artista si impone come protagonista, e non come passante inconsapevole nel paesaggio urbano ipercontrollato. Il ruolo dell'occhio artificiale viene così ribaltato da un attore discreto che vede tutto come un oggetto passivo dello sguardo umano. Internazionale Corazon (2019) è un abito utilizzato per azioni performative e testimonia l'indagine sociale che Francesca Marconi ha condotto sulle minoranze latinoamericane che si possono rintracciare intorno a via Padova. Il costume non è la trasposizione etnografica di un abito folkloristico ma è il risultato delle indicazioni sartoriali fornite da individui che spesso hanno solo un ricordo indiretto delle tradizioni di origine, poiché appartengono a gruppi di immigrati di seconda generazione. Le operazioni svolte dagli artisti e applicate alla Milano contemporanea possono effettivamente fare riferimento a teorie della filosofia del Novecento che si opponevano a pratiche urbanistiche moderniste come détournement e drift, introdotte dalla corrente dell'Internazionale Situazionista. Il coinvolgimento del comportamento umano nelle pratiche artistiche, la distorsione e il riuso creativo delle forme architettoniche, la conoscenza della città attraverso un'esplorazione spontanea ma consapevole, sono attività che riportano l'attenzione sulla vita quotidiana dei cittadini. L'invito dei curatori è di non lasciarsi distrarre dalle illusioni di chi vuole una città ridotta a vetrina ad uso e consumo di chi nei fine settimana intasa e saccheggia il centro cittadino, ma aspettarsi che lo spazio che si vive ogni giorno essere un laboratorio collettivo. Solo così sarà possibile restituire a chi afferma che "Milano non è la verità".

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