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2022-08-05 21:46:17 By : Ms. anney li

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Insetti e cellule animali coltivate in laboratorio: sono le “ghiottonerie” che potrebbero riempire gli scaffali in un prossimo futuro. Come sarà segnalata la loro presenza ai consumatori? E che alternative avrà chi vorrà mantenere un’alimentazione tradizionale mentre un sofisticato progetto di ingegneria sociale mira a ridisegnare le abitudini di tutti?

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Una volta si diceva che ai figli bisogna cercare di dare il meglio, oggi si pensa ad utilizzarli come cavie della “sostenibilità”. Ce lo chiede l’Europa, ce lo ordina l’ONU tramite il suo programma capillare Agenda 2030, ce lo impone la nostra classe dirigente. Sono da inquadrare in questo contesto le recenti esternazioni di Beppe Grillo, che ha elogiato la scelta dell’Università di Cardiff di fare un esperimento sugli alunni delle scuole elementari britanniche. Lo studio sui bambini dai cinque agli undici anni prevede la somministrazione di insetti quali surrogato dell’alimentazione tramite il preparato chiamato VeXo, pubblicizzato dal capo ufficioso del M5S con tanto di rimando al sito ufficiale.

“I bambini – assicura Grillo – impareranno così i benefici nutrizionali e ambientali del consumo di insetti, come grilli, cavallette, bachi da seta, locuste e vermi della farina”. Nomen Omen, verrebbe da dire. Il pretesto è che il consumo di animali che saltano ovunque e strisciano – con tutti i limiti igienico-sanitari connessi – in linea teorica “potrebbe – dice il comico – contribuire a ridurre i 64 milioni di tonnellate di anidride carbonica emesse ogni anno dalla produzione e dal consumo di prodotti a base di carne”. Ma che dire dell’impatto di determinate fabbriche o dei termovalorizzatori? Davvero il problema è sostituire la bistecca con i vermi, o c’è dell’altro?

A ben guardare, determinate idee e scelte economico-sociali si collocano sotto l’ombrello dell’Agenda 2030, un sofisticato e capillare progetto di ingegneria sociale concepito fin dagli anni ’90 dai gruppi di pressione, e sottoscritto solo nel 2015 da 193 Paesi membri dell’ONU (tra cui l’Italia). L’alimentazione in questo contesto ha ruolo preponderante, tanto che si trova al punto 2. I suoi promotori vorrebbero cambiare il modo di coltivare, i tipi di allevamento e conseguentemente il modo di nutrirsi delle popolazioni interessate. Ufficialmente, per giungere all’obiettivo “fame zero” nel mondo nel giro di meno di un decennio. Eppure non tutti i Paesi aderiscono al progetto. Le parole d’ordine sono “agricoltura smart” o “agricoltura 4.0” (in Italia capofila è l’Enel), sostituti della carne (insetti o preparati sintetici che derivano dalla coltivazione cellulare di tessuti animali), integratori alimentari. I propositi sembrano buoni, ma gli interrogativi sulle reali ricadute e le zone d’ombra rimangono tanti.

Nei fatti, per esempio, la digitalizzazione forzata dei meccanismi di produzione agricola (con l’ausilio della tecnologia di quinta generazione, il 5G), lasceranno indietro tutti i piccoli produttori che non potranno adeguarsi, e che già scontano le politiche vessatorie di un’unione europea che obbliga a lasciare porzioni considerevoli di terra incolta. Come verranno reimpiegati questi soggetti nel prossimo futuro? All’orizzonte non c’è notizia di politiche attive a favore del loro ricollocamento, soprattutto in una società incentrata sull’idea del telelavoro (l’ormai noto smartworking) che già fatica a trovare la quadra sul salario minimo.

Se, insomma, da un lato la propaganda ambientale sulla “sostenibilità” fa pensare ai meno attenti che ci sarà tanto per tutti, nei fatti il livellamento sociale ed economico di stampo quasi maoista o stalinista lascerà perire i piccoli produttori, che con il lavoro messo in sordina si troveranno a scontare – paradossalmente – proprio quella fame che l’ONU dice di voler scongiurare. E l’acqua, bene primario per ogni coltivatore? Un po’ ovunque si va nella direzione della sua privatizzazione, con il rischio che ne venga controllata la somministrazione (magari grazie all’idea che scarseggia e che lo si fa in nome dell’ambiente) e che venga sottratta a determinate fasce sociali o categorie. Sono solo alcune delle tante incoerenze che riguardano l’applicazione dell’Agenda.

Il futuro possibile è raccontato in un documentario di Deloitte (“Presto sarà domani”, con Riccardo Scamarcio e Carolina Crescentini), dove si vede un fruttivendolo coltivare erbette e bacche (poco altro) in sofisticate teche digitali che simulano la luce solare e il calore. Viene spontaneo domandarsi, a questo punto, cosa succederà ai terreni che potrebbero rimanere incolti e perché, mentre l’Ue fa proprie le politiche imposte dall’ONU, le multinazionali e Stati come la Cina continuano ad acquisire fette sempre maggiori di terreni in giro per il mondo. Non solo: molti Stati negli ultimi anni hanno ripreso a varare leggi sulle requisizioni, ufficialmente per scopi sanitari o di utilità sociale. E’ successo nell’era covid nella Spagna di Sanchez e in Italia con il decreto Cura Italia varato dal governo Conte. “Con la crisi sta avvenendo un passaggio di ricchezza dalle classi povere alle altre”, ha detto Draghi negli scorsi giorni. Con la scusa delle ristrettezze, della sostenibilità e della tutela della salute, è possibile che in un futuro non molto lontano i beni mobili ed immobili passeranno dai legittimi proprietari a governi pronti a svenderle per far quadrare i bilanci, tanto nel frattempo si sarà imposte le mode – anche queste in Agenda – della co-abitazione, del co-sharing, del co-working.

Il piano di contrasto ai sistemi di produzione per come li conosciamo, poi, farebbe sparire gli allevamenti. Quelli intensivi spesso costringono gli animali a stare in spazi ristretti e poco igienici, è vero, ma quello che è strano è che l’ONU colpisce le filiere della carne ma parallelamente continua a non mettere alcun freno a pratiche ben più lesive del benessere animale come la caccia di animali selvatici (volpi e specie protette di volatili, per esempio), e l’utilizzo di animali per pelli e pellicce o per esperimenti di laboratorio e test cosmetici.

Il caso vuole, poi – perché è chiaro che, come per il covid, si tratti di una coincidenza – che a essere in prima fila nella produzione di carne sintetica da laboratorio in sostituzione di quella naturale ci siano Bill Gates e Richard Branson della Virgin. Nel 2017 i due hanno annunciato un maxi-finanziamento verso Memphis Meat, all’epoca startup di stanza nella Silicon Valley che già si preparava al salto di qualità, forte di mutamenti annunciati. La presenza del magnate della bio-tecnologia e di quello dello spazio e una cordata capeggiata da Google Ventures, Cargill e Khosla Ventures le ha permesso di contare su un’investimento iniziale di 22 milioni di dollari. Il coinvolgimento di uno dei paperoni che hanno fatto affari d’oro col covid, tuttavia, non deve aver generato troppo entusiasmo, visto che nel giro di qualche anno il colosso delle cellule da laboratorio trasformate in hamburger e in polpette ha cambiato nome in Upside Food.

Suo concorrente per l’area asiatica è Eat Just, il cui nome ricorda quello della multinazionale delle consegne a domicilio. La tecnologia che sfruttano si chiama cell-based, e prevede la modifica e la coltivazione di cellule, in questo caso animali. Non si sa ancora quale impatto possa avere sull’organismo umano e sullo stesso DNA un’alimentazione di questo tipo, visto che molti governi negli anni hanno espresso forti riserve e posto limiti vistosi all’utilizzo di OGM (organismi geneticamente modificati) considerati dannosi. Altri dubbi nascono sull’etichettatura dei prodotti, perché mentre ci si concentra sul Nutriscore, non si sa in che modo verrà segnalata la presenza di carne sintetica o di insetti negli alimenti, e in che modo il consumatore che non intende assumerli possa essere tutelato.

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

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Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Giulio Tarro, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical (2014, Corecom/AgCom). Autrice de "I padroni di Riace - Mimmo Lucano e gli altri. Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Telegram: t.me/zairabartucca - sito: www.zairabartucca.it

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Non ho capito se il riferimento agli anni ’90 è al solito panfilo della Regina Elisabetta

Facessero pure quello che vogliono tanto in Italia non c’è speranza per loro. Nessuno qui mangerebbe sudici insetti come fanno gli orientali, è una questione culturale

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Lungo intervento del presidente della Federazione russa al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo. Nessuno sconto ai partner occidentali: “Puniscono chiunque non vuole obbedire e non si adatta al mainstream. Sono colonialisti, basta ricordare quello che è successo in Iraq. A loro non importa nulla del benessere delle persone e delle imprese”. Sulle sanzioni: “Costeranno all’Europa 400 miliardi l’anno”, poi l’affondo: “Crisi e carenze dovute a errori di sistema e a politiche economiche errate”

Si può quasi dire che il Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo che si è tenuto ieri rappresenti uno spartiacque per l’economia e per gli assetti geo-politici per come li abbiamo sempre conosciuti, e il motivo si capirà leggendo. Da notare che l’evento è stato anticipato negli scorsi giorni dalle dichiarazioni secche del ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che ha fatto sapere che “i contatti con l’Europa non sono più una priorità della Russia”. Un po’ il sunto stringato di quanto ha detto il presidente della Federazione russa intervenendo al summit, che ha visto anche la partecipazione del presidente della Cina – con cui la Russia ha recentemente avviato un partenariato di ferro – del presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev e del presidente della Repubblica Araba d’Egitto Abdel Fattah el-Sisi.

Un Putin, dunque, tutt’altro isolato, che stavolta è un fiume in piena: “Perché sto rilasciando tutti questi dettagli?”, domanda retoricamente alla platea di giornalisti nel corso del lungo intervento. La risposta, implicita, è contenuta in un’analisi che si può riassumere così: non è l’operazione speciale militare o la guerra, comunque la si chiami, la causa del disastro economico che sta travolgendo i Paesi europei e statunitensi. La crisi alimentare ed energetica, l’inflazione e l’aumento esorbitante dei prezzi a detta di Putin hanno radici più lontane. C’è un motivo per tutto a voler dare per buono il filo logico dipanato dal capo di Stato, che ha raccontato la sua versione dei fatti che tra ieri e oggi è stata – come sempre – distorta dai media commerciali. Vediamo cosa ha detto davvero.

“I nostri colleghi – ha detto Putin – non si limitano a negare la realtà. Più di questo; stanno cercando di invertire il corso della storia. Sembrano pensare nei termini del secolo scorso. Sono ancora influenzati dalle loro idee sbagliate sui Paesi al di fuori del cosiddetto “miliardo d’oro”: considerano tutto un ristagno, o il loro cortile. Li trattano ancora come colonie, e le persone che vivono lì sono considerate persone di seconda classe, perché loro si considerano eccezionali. Se sono eccezionali, significa che tutti gli altri sono di seconda categoria”.

Putin ha inoltre spedito ai mittenti le accuse di essere un dittatore, citando casi concreti di colonizzazione e di usurpazione dei diritti da parte degli americani e degli Stati occidentali. “Hanno l’irrefrenabile impulso a punire, a schiacciare economicamente chiunque non si adatti al mainstream e chi non vuole obbedire ciecamente. Impongono rozzamente e spudoratamente la loro etica, le loro opinioni sulla cultura e le loro idee sulla storia, a volte – ha detto – mettendo in discussione la sovranità e l’integrità degli stati e minacciando la loro stessa esistenza. Basti ricordare quello che è successo in Jugoslavia, Siria, Libia e Iraq”.

“Se qualche Stato ribelle non può essere soppresso, cercano di isolarlo o “annullarlo”, per usare il loro termine moderno. Vale tutto, anche lo sport, le Olimpiadi, i divieti di cultura e capolavori d’arte solo perché i loro creatori provengono dal Paese “sbagliato”. Questa è la natura dell’attuale round di russofobia in Occidente e delle folli sanzioni contro la Russia. Sono pazzi e, direi, sconsiderati. Sono senza precedenti nel numero e nel ritmo con cui l’Occidente li sforna. L’idea era chiara come il giorno: si aspettavano di schiacciare improvvisamente e violentemente l’economia russa, di colpire l’industria, la finanza e gli standard di vita della gente distruggendo le catene commerciali, richiamando forzatamente le aziende occidentali dal mercato russo e congelando le attività russe”.

“I politici europei – ha proseguito Putin – hanno già inflitto un duro colpo alle loro economie da soli. Vediamo aggravarsi i problemi sociali ed economici in Europa, e anche negli Stati Uniti. I prezzi dei prodotti alimentari, dell’elettricità e del carburante sono in aumento, la qualità della vita in Europa è in calo e le aziende perdono il loro vantaggio sul mercato. Secondo gli esperti, le perdite dirette e calcolabili dell’UE dalla febbre delle sanzioni potrebbero superare i 400 miliardi quest’anno. Questo è il prezzo delle decisioni che sono lontane dalla realtà e contraddicono il buon senso”.

“Queste spese – ha continuato il presidente della Federazione russa – ricadono direttamente sulle spalle dei cittadini e delle imprese dell’UE. Il tasso di inflazione in alcuni Paesi dell’Eurozona ha superato il 20 per cento. Ho menzionato l’inflazione in Russia, ma i Paesi dell’eurozona non stanno conducendo operazioni militari speciali, eppure il tasso di inflazione in alcuni di essi ha raggiunto il 20 per cento. Anche l’inflazione negli Stati Uniti è inaccettabile, la più alta degli ultimi 40 anni”.

“Naturalmente, l’inflazione in Russia è anche a due cifre finora. Tuttavia, abbiamo adeguato le prestazioni sociali e le pensioni all’inflazione e aumentato i salari minimi e di sussistenza, proteggendo così i gruppi più vulnerabili della popolazione. Allo stesso tempo, alti tassi di interesse hanno aiutato le persone a mantenere i loro risparmi nel sistema bancario russo. Gli uomini d’affari sanno, ovviamente, che un alto tasso chiave rallenta chiaramente lo sviluppo economico. Ma è un vantaggio per le persone nella maggior parte dei casi. Hanno reinvestito una notevole quantità di denaro nelle banche a causa di tassi di interesse più elevati”.

“Questa è la nostra principale differenza rispetto ai paesi dell’UE, dove l’aumento dell’inflazione sta riducendo direttamente i redditi reali delle persone e consumando i loro risparmi, e le manifestazioni attuali della crisi stanno colpendo soprattutto le fasce a basso reddito. Il crescente esborso delle imprese europee e la perdita del mercato russo – ha detto ancora Putin – avranno effetti negativi duraturi. Il risultato ovvio di ciò sarà la perdita di competitività globale e un calo a livello di sistema del ritmo di crescita delle economie europee per gli anni a venire”.

“Nel loro insieme, ciò aggraverà i problemi profondi delle società europee. Sì, abbiamo anche molti problemi, ma ora devo parlare dell’Europa perché ci puntano il dito contro, anche se hanno abbastanza dei loro problemi. Ne ho parlato a Davos. Un risultato diretto delle azioni e degli eventi dei politici europei di quest’anno sarà l’ulteriore crescita della disuguaglianza in questi paesi, che a sua volta dividerà ancora di più le loro società, e il punto in questione non è solo il benessere, ma anche l’orientamento al valore dei vari gruppi in queste società”.

“In effetti, queste differenze vengono soppresse e spazzate sotto il tappeto. Francamente, le procedure democratiche e le elezioni in Europa e le forze che arrivano al potere sembrano un fronte, perché partiti politici quasi identici vanno e vengono, mentre in fondo le cose rimangono le stesse. Gli interessi reali delle persone e delle imprese nazionali vengono spinti sempre più verso la periferia”.

“Una tale disconnessione dalla realtà e dalle esigenze della società porterà inevitabilmente a un aumento del populismo e dei movimenti estremisti e radicali, a grandi cambiamenti socioeconomici, al degrado e al cambiamento delle élite a breve termine. Nuove entità stanno venendo in superficie, ma hanno poche possibilità di sopravvivenza se non sono molto diverse da quelle esistenti”.

“I tentativi di mantenere le apparenze e il parlare di costi presumibilmente accettabili in nome della pseudo-unità non possono nascondere la cosa principale: l’Unione europea ha perso la sua sovranità politica, e le sue élite burocratiche ballano alla melodia di qualcun altro, facendo tutto ciò che viene detto dall’alto e danneggiando il proprio popolo, le proprie economie e le proprie imprese”.

“Ci sono altre questioni di fondamentale importanza qui. Il peggioramento della situazione economica globale non è uno sviluppo recente. Ora esaminerò le cose che ritengo estremamente importanti. Ciò che sta accadendo ora non deriva da ciò che è accaduto negli ultimi mesi, ovviamente no. Inoltre, non è il risultato della speciale operazione militare condotta dalla Russia nel Donbass. Dire così è una distorsione non celata e deliberata dei fatti”.

Ancora: “L’aumento dell’inflazione nei mercati dei prodotti e delle materie prime era diventato un fatto di vita molto prima degli eventi di quest’anno. Il mondo è stato spinto in questa situazione, a poco a poco, da molti anni di politiche macroeconomiche irresponsabili perseguite dai paesi del G7, tra cui l’emissione incontrollata e l’accumulo di debito non garantito. Questi processi si sono intensificati con l’inizio della pandemia di coronavirus nel 2020, quando l’offerta e la domanda di beni e servizi sono drasticamente diminuite su scala globale. Questo pone la domanda: che cosa ha a che fare la nostra operazione militare nel Donbass con questo? Niente di niente”.

“Poiché non potevano o non volevano escogitare altre ricette – è il pensiero di Putin – i governi delle principali economie occidentali hanno semplicemente accelerato le loro macchine per la stampa di denaro. Un modo così semplice per compensare deficit di bilancio senza precedenti. Ho già citato questa cifra: negli ultimi due anni, l’offerta di moneta negli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 38 per cento. In precedenza, un aumento simile ha preso decenni, ma ora è cresciuto del 38 per cento o 5.9 trilioni di dollari in due anni. In confronto, solo pochi paesi hanno un prodotto interno lordo più grande. Anche l’offerta di moneta dell’UE è notevolmente aumentata in questo periodo. È cresciuto di circa il 20 per cento, o 2,5 trilioni di euro”.

“Ultimamente ho sentito sempre più parlare della cosiddetta – mi scusi, non vorrei proprio dirlo qui, anche menzionare il mio nome a questo proposito, ma non posso farne a meno: tutti sentiamo parlare della cosiddetta “inflazione Putin” in Occidente. Quando vedo questo, mi chiedo chi si aspettano che creda a queste sciocchezze: persone che non sanno leggere o scrivere, forse. Chiunque sia abbastanza alfabetizzato da leggere capirebbe cosa sta realmente accadendo. Le nostre azioni per liberare il Donbass non hanno assolutamente nulla a che fare con questo. L’aumento dei prezzi, l’accelerazione dell’inflazione, la carenza di cibo e carburante, la benzina e i problemi nel settore energetico sono il risultato di errori a livello di sistema che l’attuale amministrazione statunitense e la burocrazia europea hanno commesso nelle loro politiche economiche. Ecco dove sono le ragioni, e solo lì”.

“Citerò anche la nostra operazione: sì, avrebbe potuto contribuire alla tendenza, ma la causa principale è proprio questa: le loro politiche economiche errate. In effetti, l’operazione che abbiamo lanciato nel Donbass è un’ancora di salvezza che stanno afferrando per poter incolpare i propri errori di calcolo sugli altri, in questo caso, sulla Russia. Ma chiunque abbia almeno completato la scuola primaria capirebbe le vere ragioni della situazione odierna”.

“Quindi, hanno stampato più soldi, e poi cosa? Dove sono finiti tutti quei soldi? Sono stati ovviamente utilizzati per pagare beni e servizi al di fuori dei Paesi occidentali – questo è dove il denaro appena stampato scorreva. Hanno letteralmente iniziato a ripulire, a spazzare via i mercati globali. Naturalmente, nessuno pensava agli interessi degli altri Stati, compresi quelli più poveri. Sono stati lasciati con scarti, come si suol dire, e anche a prezzi esorbitanti”.

“Mentre alla fine del 2019 le importazioni di beni negli Stati Uniti ammontavano a circa 250 miliardi di dollari al mese, ormai sono cresciute fino a 350 miliardi. È interessante notare che la crescita è stata del 40 per cento, esattamente in proporzione alla massa monetaria non garantita stampata negli ultimi anni. Hanno stampato e distribuito denaro e lo hanno usato per spazzare via le merci dai mercati dei paesi terzi”.

“Questo è ciò che vorrei aggiungere. Per molto tempo, gli Stati Uniti sono stati un grande fornitore di cibo nel mercato mondiale. Erano orgogliosi, e a ragione, dei loro successi e delle tradizioni agricole. A proposito, questo è un esempio anche per molti di noi. Ma oggi, il ruolo dell’America è cambiato drasticamente. Si è trasformato da esportatore netto di prodotti alimentari in importatore netto. In parole povere, sta stampando denaro e tirando i flussi delle materie prime, acquistando prodotti alimentari in tutto il mondo”.

“L’Unione europea sta aumentando le importazioni ancora più rapidamente. Ovviamente, un così forte aumento della domanda che non è coperto dall’offerta di beni ha innescato un’ondata di carenze e inflazione globale. Questo è dove questa inflazione globale ha origine. Negli ultimi due anni, praticamente tutto, materie prime, beni di consumo e in particolare prodotti alimentari, sono diventati più costosi in tutto il mondo”.

“Sì, certo, questi Paesi, compresi gli Stati Uniti continuano a importare merci, ma l’equilibrio tra esportazioni e importazioni è stato invertito. Credo che le importazioni superino le esportazioni di circa 17 miliardi. Questo è l’intero problema. Secondo l’ONU, a febbraio 2022 l’indice dei prezzi alimentari era superiore del 50% rispetto a maggio 2020, mentre l’indice delle materie prime composite è raddoppiato in questo periodo”.

“Sotto la nuvola di inflazione, molti paesi in via di sviluppo si stanno ponendo una buona domanda: perché scambiare beni con dollari ed euro che stanno perdendo valore proprio davanti ai nostri occhi? La conclusione suggerisce se stessa: l’economia delle entità mitiche viene inevitabilmente sostituita dall’economia dei valori e dei beni reali”.

“Secondo il FMI, le riserve valutarie globali sono a $7.1 trilioni e 2.5 trilioni di euro ora. Queste riserve sono svalutate ad un tasso annuo di circa l ‘ 8 per cento. Inoltre, possono essere confiscati o rubati in qualsiasi momento se agli Stati Uniti non piace qualcosa nella politica degli stati coinvolti. Penso che questo sia diventato una minaccia molto reale per molti paesi che mantengono le loro riserve di oro e valuta estera in queste valute”.

“Secondo le stime degli analisti, e questa è un’analisi oggettiva, una conversione delle riserve globali inizierà solo perché non c’è spazio per loro con tali carenze. Saranno convertiti dall’indebolimento delle valute in risorse reali come cibo, materie prime energetiche e altre materie prime. Altri paesi lo faranno, ovviamente. Ovviamente, questo processo alimenterà ulteriormente l’inflazione globale del dollaro”.

“Per quanto riguarda l’Europa, la loro politica energetica fallita, puntando ciecamente tutto sulle rinnovabili e sulle forniture spot di gas naturale, che hanno causato aumenti dei prezzi dell’energia dal terzo trimestre dello scorso anno – di nuovo, molto prima dell’operazione nel Donbass – hanno anche esacerbato gli aumenti dei prezzi. Non abbiamo assolutamente nulla a che fare con questo. E ‘ stato a causa delle proprie azioni che i prezzi sono passati attraverso il tetto, e ora sono ancora una volta alla ricerca di qualcuno da incolpare”.

“Non solo gli errori di calcolo dell’Occidente hanno influito sul costo netto di beni e servizi, ma hanno anche comportato una diminuzione della produzione di fertilizzanti, principalmente fertilizzanti azotati a base di gas naturale. Nel complesso, i prezzi globali dei fertilizzanti sono aumentati di oltre il 70% da metà 2021 a febbraio 2022”.

“Sfortunatamente, non ci sono attualmente condizioni in grado di superare queste tendenze dei prezzi. Al contrario, aggravata dagli ostacoli al funzionamento dei produttori di fertilizzanti russi e bielorussi e dall’interruzione della logistica dell’approvvigionamento, questa situazione si sta avvicinando a una situazione di stallo”.

“Non è difficile prevedere i prossimi sviluppi. Una carenza di fertilizzanti significa un raccolto inferiore e un rischio più elevato di un mercato alimentare globale scarsamente fornito. I prezzi saliranno ancora più in alto, il che potrebbe portare alla fame nei Paesi più poveri. E sarà pienamente sulla coscienza dell’amministrazione statunitense e della burocrazia europea”.

“Voglio sottolineare ancora una volta: questo problema non si è presentato oggi o negli ultimi tre o quattro mesi. E certamente, non è colpa della Russia come alcuni demagoghi cercano di dichiarare, spostando la responsabilità per lo stato attuale delle cose nell’economia mondiale al nostro Paese”.

“Questa situazione è in fermento da anni, stimolata dalle azioni miopi di coloro che sono abituati a risolvere i loro problemi a spese di qualcun altro e che hanno fatto affidamento e fanno ancora affidamento sul meccanismo delle emissioni finanziarie per superare e attirare i flussi commerciali, aumentando così i deficit e provocando disastri umanitari in alcune regioni del mondo. Aggiungerò che questa è essenzialmente la stessa politica coloniale predatoria del passato, ma ovviamente in una nuova iterazione, un’edizione più sottile e sofisticata. Si potrebbe anche non riconoscerlo in un primo momento”.

“Per quanto riguarda le forniture alimentari ucraine ai mercati globali, devo dirlo a causa di numerose speculazioni, non le stiamo ostacolando. Possono farlo. Non abbiamo minato i porti del Mar Nero dell’Ucraina. Possono liberare le miniere possono e riprendere le esportazioni di cibo. Garantiremo la navigazione sicura delle navi civili. Non c’è problema”.

“Ma di cosa stiamo parlando? Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, la questione riguarda 6 milioni di tonnellate di grano, noi stimiamo 5, e di 7 milioni di tonnellate di mais. Questo è tutto, del tutto. Poiché la produzione globale di grano è di 800 milioni di tonnellate, 5 milioni di tonnellate fanno poca differenza per il mercato globale, come potete vedere”.

“Ad ogni modo, il grano ucraino può essere esportato, e non solo attraverso i porti del Mar Nero. Un altro percorso è via Bielorussia, che è, per inciso, il modo più economico. O via Polonia o Romania, a seconda di quale si preferisce. In realtà, ci sono cinque o sei rotte di esportazione. Il problema non è con noi, il problema è con l’adeguatezza delle persone in controllo a Kiev. Possono decidere cosa fare, e almeno in questo caso particolare non dovrebbero prendere ordini dai loro capi stranieri, i loro padroni al di là dell’oceano. Ma c’è anche il rischio che il grano venga utilizzato come pagamento per le consegne di armi. Questo sarebbe deplorevole”.

“Questa operazione è stata la decisione di un Paese sovrano, che ha il diritto incondizionato di sostenere la sua sicurezza e che si basa sulla Carta delle Nazioni Unite. Questa decisione mirava a proteggere il nostro popolo e gli abitanti delle repubbliche popolari del Donbass che per otto lunghi anni sono stati sottoposti a genocidio dal regime di Kiev e dai neonazisti che godevano della piena protezione dell’Occidente”.

“L’Occidente non solo ha cercato di attuare uno scenario “anti-Russia”, ma si è anche impegnato nello sviluppo militare attivo del territorio ucraino, inondando l’Ucraina di armi e consiglieri militari. E continua a farlo ora. Francamente, nessuno sta prestando attenzione all’economia o al benessere delle persone che vivono lì, a loro non importa affatto, ma non hanno mai risparmiato denaro per creare un punto d’appoggio della NATO a Est diretto contro la Russia per coltivare aggressività, odio e russofobia”.

“Oggi, i nostri soldati e ufficiali, così come la milizia del Donbass, stanno combattendo per proteggere il loro popolo. Stanno lottando per il futuro della Russia come un grande, libero e sicuro Paese multietnico che prende le proprie decisioni, determina il proprio futuro, si basa sulla sua storia, cultura e tradizioni, e respinge tutti i tentativi esterni di imporre pseudo-valori intrisi di disumanizzazione e degrado morale”.

“Il mio punto è che la sovranità non può essere segmentata o frammentata nel ventunesimo secolo. Le componenti della sovranità sono ugualmente importanti e si rinvigoriscono e si completano a vicenda. Quindi, ciò che conta per noi non è solo la difesa della nostra sovranità politica e dell’identità nazionale, ma anche il rafforzamento di tutto ciò che determina l’indipendenza economica, finanziaria, professionale e tecnologica del nostro Paese”, ha concluso.

Rincari a +6,7%, quasi ai livelli del 1986. Nuova mazzata per le famiglie a medio e basso reddito: crescono i prezzi dei beni alimentari, quelli per la cura della persona e della casa e quelli ad alta frequenza d’acquisto

Continuano ad aumentare i prezzi del “carrello della spesa”, calcolato in base alle stime del paniere sui beni di maggiore consumo e di prima necessità. Rincari che arrivano a +6,7%, come non accadeva dal 1986, quando i prezzi avevano toccato il +7,2%. Nuova mazzata per le famiglie a medio e basso reddito: crescono i prezzi dei beni alimentari, quelli per la cura della persona e della casa e quelli ad alta frequenza d’acquisto. Collassa il settore dei freschi ma anche quello degli alimentari lavorati (+6,6%). E’ quanto rende noto l’ISTAT contestualmente alla pubblicazione dei dati relativi all’inflazione di maggio 2022.

Secondo la scheda informativa pubblicata sul sito della Difesa americana, circa 350 milioni del miliardo annunciato provengono dall’autorità di prelievo presidenziale. Ecco perché una guerra il più duratura possibile rappresenta un vantaggio imprescindibile per gli Stati Uniti e per la stessa Ue

Mentre il presidente della Federazione russa Vladimir Putin manifesta nuovamente la volontà di riaprire i tavoli diplomatici e mentre parte dell’Ucraina è interessata dalle operazioni di ricostruzione, il dipartimento americano della Difesa ha annunciato lo stanziamento di “un altro miliardo per l’Ucraina per l’acquisto di sistemi di difesa costiera arpione, munizioni, razzi di artiglieria ad alta mobilità o HIMARS”. E’ quanto fa sapere lo stesso Pentagono.

Secondo quanto diramato, la misura appena adottata del “prelievo” consente al presidente americano (in “determinate circostanze” che però non vengono citate) di “ritirare armi, munizioni e materiale esistenti dalle scorte militari statunitensi e fornirli ad altre nazioni”. Secondo la scheda informativa pubblicata sul sito della Difesa americana, circa 350 milioni del miliardo annunciato provengono dall’autorità di prelievo presidenziale, che servirà a finanzare“18 obici da 155 mm, 36.000 colpi di munizioni da 155 mm, 18 veicoli tattici, munizioni aggiuntive per sistemi a razzo di artiglieria ad alta mobilità, quattro veicoli tattici aggiuntivi, pezzi di ricambio e altre attrezzature”.

Una guerra il più duratura possibile rappresenta un vantaggio imprescindibile per i traffici umanitari e bellici che ne derivano e per stessi gli Stati Uniti, che si sono detti propensi a “sacrificare fino all’ultimo ucraino” (cit. Biden): il grano ucraino fa ombra a quello canadese e in più l’Ucraina è una delle roccaforti mondiali del litio, uno dei materiali del futuro che consentirà l’affermazione ulteriore della mobilità elettrica e di ritrovati tecnologici come gli esoscheletri, su cui sono già al lavoro le Big tech.

Ma – contrariamente alle previsioni iniziali – l’Ucraina sta serrando i ranghi e perfino tra militari e governatori c’è chi ha mangiato la foglia e inizia a manifestare malcontento verso gli accordi sottobanco stretti da Zelensky con le potenze occidentali. Il Pentagono, intanto, ha ammesso in un breve dispaccio del 9 giugno l’esistenza di bio-laboratori finanziati dalla Difesa americana – come abbiamo rivelato lo scorso marzo in un’inchiesta documentata – adducendo tuttavia scusanti di ordine sanitario e di sicurezza.

I dossier resi noti dal ministero della Difesa russo e dal capo delle Forze di protezione dalle Radiazione e dalla contaminazione chimica e biologica, tuttavia, raccontano un’altra realtà, che farebbe il paio con un interesse diretto da parte degli Stati Uniti e di diversi Stati europei (Italia compresa) a far durare il più possibile situazioni di caos e di guerra in Ucraina in modo da miscelare le responsabilità dirette e – se possibile – dissiparle. Il comodo capro espiatorio degli eventi è stato già individuato, e qualunque cosa accada parte dell’opinione pubblica è già stata addomesticata all’attacco gratuito contro Vladimir Putin. L’altra parte, quella meno suggestionabile, è stata invece implicitamente minacciata nella sua libertà di espressione per mezzo dello spettro di liste di proscrizione, inventate dal mainstream (e poi smentite) e rilanciate dal finto anti-mainstream.

Si agita intanto il blocco europeista: oggi la visita di Draghi, Macron e Sholz a Kiev, mentre ieri il gruppo di contatto per la “difesa” dell’Ucraina a Bruxelles ha tenuto la sua terza riunione, dove sono intervenuti anche il segretario americano alla Difesa Lloyd J. Austin III e il presidente del Joint Chiefs of Staff, il generale Mark A. Milley.

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