Nel deposito delle macerie di Amatrice: tra i cacciatori dei tesori perduti - Osservatorio Amatrice - Blog - Repubblica.it

2022-05-29 00:47:45 By : Ms. Fanny Fu

di FABIO TONACCI foto di SIMONE DONATI - TERRAPROJECT

Il deposito delle macerie di Amatrice dove volontari lavorano per recuperare pietre, materiali di riciclo ed elementi architettonici pregiati.

Volontari di Legambiente Reggio Emilia al lavoro nel deposito

Su ogni monticello di detriti un paletto con un foglio che indica la provenienza

Amatrice risorge dalle sue macerie, dentro una cava di calcare a mille metri di altitudine. Stanno portando quassù ciò che resta dei palazzi di Corso Umberto I, la via principale. Ecco il Municipio, un cumulo di conci biancastri, pezzi di legno, stracci, un segnale di divieto di sosta accartocciato. L’hanno messo accanto alla distesa di pietre squadrate di Palazzo Orsini, che si trovava al civico 14. Erano vicini ad Amatrice, sono vicini anche qui. Poco più a destra, un paletto con un foglio di carta a quadretti indica la provenienza dei sassi su cui è piantato: “Mappale 59, particella 223, civico 4/2, Amatrice”. C’è anche l’hotel Roma, laggiù in fondo, distante da questo nuovo e spettrale Corso Umberto. Nella cava di Posta il sole di fine anno scende dietro agli Appennini già alle tre del pomeriggio, lasciando nel gelo i volontari piegati su un tappeto di rovine. «Questa no, questa no, questa no...questa sì, vedi che è squadrata?», sostiene Andrea, che indossa una pettorina gialla di Legambiente e seleziona sassi con le mani. Il suo collega, pettorina arancione, mica è tanto convinto. «A me sembra senza valore». «Ti dico che è buona, era un pezzo di un portale», insiste Andrea, e chiude il discorso sollevando da solo i venti chili del masso e spostandolo di lato. Dal 24 novembre scorso, da quando cioè Protezione civile, Comuni, Regione Lazio e ministero dei Beni Culturali hanno finalmente deciso che la cava abbandonata dove era scavato il calcare andava bene per depositare le macerie del centro di Amatrice, i giorni da queste parti sono tutti uguali. I camion della Garc, la società vincitrice dell’appalto per la gestione del sito e per il trasporto, scendono da Amatrice fino sulla Salaria, poi risalgono faticosamente i tornanti sopra Posta, Favischio, Albaneto. Scaricano palazzi interi, ridotti a detriti polverosi e informi. «Ogni cumulo è un edificio, anche se il terremoto e i mezzi nelle prime fasi del soccorso hanno per forza di cose mescolato un po’ le pietre», spiega Alessandro Betori, funzionario responsabile della Soprintendenza archeologica di Rieti, Latina e Frosinone. Lo chiamano “l’uomo delle macerie”. «Sì, lo so, il soprannome non suona proprio bene». Finora hanno scaricato nella cava i resti di venti palazzi che si affacciavano su Corso Umberto: il Municipio, il palazzo Orsini, il palazzo De Bernardinis (XVII secolo) che era in stile barocco e aveva una facciata leggermente curvata per seguire la conformazione della via, le chiese di Santa Maria del Suffragio e di San Giuseppe da Leonessa. In più, l’Hotel Roma. Ogni edificio, un cumulo. Ogni cumulo, un paletto con un foglio di carta e le indicazioni del luogo esatto dove l’hanno prelevato, trentasette chilometri più in là. Ogni palazzo, un bel po’ di lavoro da fare.

La ruspa stende le macerie a tappeto. Entrano in azione i volontari, che oggi sono di Legambiente, ma domani saranno vigili del fuoco a riposo, poi altri membri delle associazioni collegate con la Protezione civile. Tutti coloro che stanno condividendo un sogno: che l’Amatrice che verrà sia il più possibile uguale a quella che era. L’idea, infatti, è salvare dalla discarica ogni pezzo di città, anche il più minuscolo, che abbia però un qualche valore artistico: le modanature delle facciate, i conci squadrati dei portali scolpiti dagli artigiani scalpellini reatini, gli ornati architettonici, le balconate. Uno scorcio di facciata, lo spigolo di un terrazzo d’epoca. «Quando si ricomincerà a costruire Amatrice, lo faremo anche con queste pietre tagliate che stiamo recuperando. Le rimetteremo dov’erano. E quando non sarà possibile, serviranno comunque da modello per capire stile e rifiniture che avevano i palazzi prima che il sisma li buttasse giù», dice Betori. Con le mani immerse in zerbini di ciottoli e polvere, i cercatori di pezzetti di città raccolgono i legni, recuperano ferri, accumulano la plastica e separano i rifiuti inutili: stracci, cartacce, vetri, calcinacci, mattoni sbreccati, indumenti, scarpe, termosifoni. Ogni tanto riaffiorano foto e pagine che per qualcuno sono gli affetti di una vita. «Da una casa crollata in via dei Bastioni, abbiamo trovato un diario della Seconda guerra mondiale, che apparteneva al nonno del proprietario », ricorda Flaminia Tosini, funzionaria della Regione Lazio. «Tutto il materiale recuperato viene regolarmente riciclato». Alla fine della selezione, rimangono decine di importantissime pietre scolpite e levigate. Il primo passo per ricostruire Amatrice. Dov’era. Com’era.

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